Il documento dell’Episcopato italiano “Il Rinnovamento della Catechesi”, conosciuto anche come “Documento Base”, apre e traccia le linee guida del Progetto Catechistico italiano e, come evidenziato dalla lettera dei vescovi per la riconsegna del 1988, lo fa in piena sintonia con il più ampio magistero ecclesiale e ponendo in particolar modo il suo fondamento e principio ispiratore nel Concilio Vaticano II, definito «catechismo dei tempi moderni»[1]. Il documento, pubblicato nel 1970, è composto da duecento paragrafi raccolti in dieci capitoli, una introduzione ed una conclusione e ruota essenzialmente intorno a quattro punti nodali che sono: 1)La Chiesa e le principali espressioni del ministero della Parola e, in particolare la catechesi con la sua natura e le sue finalità (cap. 1, 2 e 3); 2)Cristo, messaggio della Chiesa e della catechesi (cap. 4); 3)Per una piena predicazione del messaggio: criteri, fonti, soggetti (cap. 5, 6 e 7); 4)Catechesi e Chiesa locale: il momento catechistico nella pastorale, ambienti, metodi e operatori della catechesi (cap. 8, 9 e 10)[2]. Sempre nella lettera di riconsegna, viene precisata l’identità del documento come «strumento di comunione pastorale» e «stimolo di una sempre rinnovata missione evangelizzatrice», idoneo a rispondere «alle nuove situazioni e domande che toccano intensamente il cammino di fede delle nostre comunità ecclesiali», che mira con «rigore dottrinale» e «apertura alle istanze delle comunità» e del «contesto socio-culturale» al recupero di una «integrazione fede-vita»[3]. In piena coerenza con le esigenze espresse dal “Direttorio Generale per la Catechesi” di una pedagogia della fede che in un clima di ascolto, di rendimento di grazie e di preghiera, favorisca lungo tutto il cammino formativo la risposta libera dell’uomo, promovendone la partecipazione attiva[4]. La lettera di riconsegna inoltre, si preoccupa di dare la giusta collocazione alla catechesi all’interno della missione evangelizzatrice della Chiesa togliendole il carico di responsabilità che affidava alla catechesi tutto l’onere dell’evangelizzazione. Nella necessità di ristabilire un corretto rapporto tra la catechesi e le altre azioni pastorali, la lettera di riconsegna afferma che: «la catechesi, mentre mantiene un suo ambito specifico di azione, non deve essere isolata nel cammino pastorale, ma inserita in un piano organico. Tale piano, che ogni comunità deve darsi, comprende in una visione globale lo sviluppo unitario della pastorale catechistica, liturgica, caritativa[…] Giova ricordare che la catechesi non assomma in se tutto il compito di educazione alla fede e alla vita cristiana dei fedeli. Deve apparire chiaro che essa è una tappa specifica e ben caratterizzata del processo di evangelizzazione globale della Chiesa. Tappa che sollecita un “prima”, il Kerigma che suscita la fede, e apre a un “dopo”, la celebrazione e la testimonianza. Tappa comunque che non può mai mancare. La catechesi non è tutto, ma tutto nella Chiesa ha bisogno di catechesi: la liturgia, i sacramenti, la testimonianza, il servizio, la carità»[5]. Pur tenendo presente che il Documento Base si rivolge a tutta la catechesi in riferimento alle varie fasi della vita, si può affermare senza troppa difficoltà che esso mantiene in filigrana una certa attenzione per gli adulti che all’interno dell’intero progetto catechistico italiano, diventano soggetti, sia come fruitori nell’obbiettivo di una fede adulta e matura, sia come coloro che rendono possibile con il loro operato di cristiani adulti, la crescita nella fede. Il documento, infatti, nel capitolo settimo dedicato ai soggetti della catechesi, a scanso di equivoci precisa: “Per molti, i termini catechismo o catechesi evocano un insegnamento rivolto quasi esclusivamente ai fanciulli, senza sviluppi nelle età successive. Crescerebbe così l’uomo e non crescerebbe in lui il cristiano. Occorre invece comprendere che, in tutte le età, il cristiano ha bisogno di nutrirsi adeguatamente della parola di Dio. Anzi, gli adulti sono in senso più pieno i destinatari del messaggio cristiano, perché essi possono conoscere meglio la ricchezza della fede, rimasta implicita o non approfondita nell’insegnamento anteriore.
Essi, poi, sono gli educatori e i catechisti delle nuove generazioni cristiane. Nel mondo contemporaneo, pluralista e secolarizzato, la Chiesa può dare ragione della sua speranza, in proporzione alla maturità di fede degli adulti.”[6] Dalla lettura di questo paragrafo del documento, si potrebbe affermare che la preoccupazione fondamentale sembra essere questa: la catechesi non deve interrompersi (come quasi sempre avviene) quando sopraggiunge l’età adulta; anzi proprio perché «gli adulti sono in senso più pieno i destinatari del messaggio cristiano», il cammino precedente (che deve esserci ed è auspicabile che ci sia) trova la sua esplicitazione e approfondimento proprio nell’età adulta[7].
Il documento quindi, evidenzia una scelta pastorale preferenziale per gli adulti, che determina anche l’impianto del progetto catechistico italiano, ma questa scelta preferenziale però necessita di essere compresa correttamente: «il conoscere meglio» che renderebbe possibile una maturità di fede[8], non va inteso come un rivolgersi ad una categoria elitaria di cristiani meglio dotati o ad una categoria intellettuale. Innanzitutto perché promuovere la maturità di fede significa introdurre sempre più nella vita e nel Mistero di Cristo e della Chiesa[9], ed il «vivere» è molto più del conoscere: “La catechesi è rivolta all’intelligenza, alla capacità e al bisogno di agire del cristiano, alla sua esigenza di esperienza personale, alla sua affettività e immaginazione; alla sua fede, alla sua speranza, alla sua carità”[10] si rivolge cioè alla sua interezza di persona; ed in seconda battuta questo conoscere-vivere, avviene attraverso: la memoria del battesimo, l’ascolto della Parola, la sollecitudine alla preghiera, la professione di fede, la risposta alla vocazione personale nella Chiesa[11]. Come si può facilmente constatare siamo di fronte ad una più ampia prospettiva di acquisizione di sensibilità e di realizzazione di impegni. Siamo ben lontani quindi, da una concezione intellettualistica o sentimentale (e perciò alienante) della fede cristiana[12]. Comprendere meglio, inoltre, vuol dire avere la capacità di guardare il mondo, gli altri e la storia con gli stessi occhi di Cristo; vuol dire in sostanza una scelta preferenziale conforme a quella di Cristo[13] per quei poveri che vivono di povertà spirituale, di bisogno di verità, di amore, di speranza e di tutte quelle povertà che impedirebbero all’uomo di essere tale[14]. Comprendere meglio per realizzare la propria vocazione personale e riscoprirsi discepoli del Cristo. La scelta preferenziale espressa dal documento, a mio avviso, è una scelta di prossimità rispettosa dell’alterità[15], che si fa compagna nel cammino formativo per rendere possibile una fede adulta a partire dalla dimensione del vissuto della persona, senza sostituirsi o presentarsi come una serie di enunciati concettuali a cui aderire, ma facendo fronte al disagio che trasversalmente attraversa tutte le povertà, non solo quelle economiche o psico-sociali, che non consentono all’uomo di realizzarsi come tale. Farsi prossimità nel disagio, non come semplice assistenzialismo, ma coniugando carità ed escatologia: carità nel riconoscere l’altro come presenza di Dio e, escatologia come capacità di operarsi per rendere possibile la salvezza, tanto dell’altro quanto la mia attraverso l’altro.
In questa prospettiva, in un mondo secolarizzato e pluralista a cui il documento fa riferimento, e in cui la questione centrale della fede non è più di carattere apologetico sull’esistenza o meno di Dio, ma sulla utilità e significatività di Dio nella vita dell’uomo, la Chiesa può fattivamente «dare ragione della propria speranza», alimentando quella mentalità di fede che raggiungendo l’uomo nelle sue situazioni concrete di vita, gli restituisce innanzitutto la sua dignità di uomo e gli consente di vivere con la dignità dei figli di Dio[16].
La prospettiva o dimensione metodologica offerta da questo capitolo del documento è quanto mai interessante, lo stesso titolo “i soggetti della catechesi” pone una situazione di ribaltamento rispetto ad un concetto classico di catechismo; dire «soggetti» anziché destinatari è una scelta terminologica che sottintende da una parte una catechesi partecipata, attiva, e dall’altra riconosce una prassi catechistica che si ripensa, si mette in gioco per far sì che la persona, il soggetto appunto, possa incontrarsi in modo significativo con una proposta significativa, educativa e cristiana. Parlare di soggetti della catechesi vuol dire parlare di una pastorale catechetica che nei suoi criteri di valutazione e di impostazione, pone al centro nè l’istituzione con le sue finalità educative e pastorali e, neanche la proposta stessa. Porre al centro le persone concrete significa collocare al centro le loro esperienze, i loro problemi, i loro ideali, le loro aspirazioni, le loro attese, i loro valori etici e religiosi, ancorché limitati o labili o inconsistenti o comunque criticabili[17]. Considerare la persona come soggetto di azione catechistica, in sostanza, vuol dire riconoscere nella sua storia e nelle sue situazioni concrete di vita i segni della presenza di Dio, in questo senso la dimensione catechistica sarà finalizzata a promuovere la maturità umana e di fede, e a rendere possibili le condizioni dell’incontro tra Dio e l’uomo chiamato a questo incontro, mettendo così in scacco modelli organizzativi puramente funzionali, e ponendo così le basi per un’esperienza di fede che non può restare un più o meno vago sentire religioso, ma una scelta fatta con l’identità del discepolo che nella sequela vive della Parola del Maestro. Parlare di soggetto vuol dire infine riconoscere la dignità della persona che nella ricchezza della sua umanità è il luogo dell’incontro dove Dio parla, agisce e salva; vuol dire ancora una volta mantenere l’impegno di fedeltà a Dio e all’uomo. Lo stesso Documento Base a riguardo sollecita gli operatori di catechesi a porsi come mediatori dell’incontro tra Dio e l’uomo, senza dimenticare però il ruolo che lo Spirito esercita, affinché il soggetto risponda alla sua suprema vocazione di chiamato alla salvezza[18].
Considerare quindi il soggetto, contrapposto o messo di fronte all’oggettività di un annuncio o dell’Annuncio, oppure non dare giusta considerazione o addirittura ignorare la dimensione del soggetto, vorrebbe dire dimenticare che nella sua scelta di prossimità, il Cristo è venuto per redimere l’uomo, non l’istituzione o il concetto. Ignorare tale dimensione equivale a calare l’istituzione stessa sull’uomo tradendo la storia di chiamata e risposta di ognuno.
Recuperare questa prospettiva nella catechesi e nell’applicazione del Progetto Catechistico Italiano (che non può limitarsi al semplice uso del libro di catechismo che è e resta una proposta di metodo), significa rendere la catechesi attuale e idonea a rispondere alle istanze e provocazioni del mondo contemporaneo e possibilità di generare quella mentalità di fede[19] ed integrazione fede-vita[20] poste come finalità e compiti della catechesi dall’omonimo capitolo del documento[21]. L’aver individuato come finalità e compito primi della catechesi la mentalità di fede del cristiano è uno spunto originale proprio del documento che rafforza e da fondamento ad una catechesi attenta al soggetto. Condurre il soggetto allo sviluppo interiore della mentalità di fede che si concretizza nel vissuto cristiano, però, non va considerato solo nell’ottica di un traguardo da raggiungere, ma deve considerare queste finalità anche come potenziale interno al soggetto, che vanno sviluppate con una adeguata azione catechistica atta a rendere il soggetto capace di progettarsi: che lo abiliti non soltanto ad un’adesione cognitiva ad un impianto dottrinale, ma ad una adesione esistenziale[22]. L’azione di chi opera catechesi quindi, sarà all’insegna della prossimità al soggetto, un abilitarlo a sviluppare la mentalità di fede con cui può rileggere il mondo e la propria storia personale con gli occhi di Cristo[23] e fare scelte concrete e significative (integrazione fede-vita) che contribuiscano all’edificazione del Regno dei Cieli[24]. In quest’ottica il messaggio cristiano, il Vangelo, non viene posto nè prima a modo di condizione a cui assoggettarsi, nè dopo quasi a voler dimostrare la sua qualità o bontà (qualora ce ne fosse bisogno), ma semplicemente si fa compagno di viaggio che nella mia storia di uomo o donna in cammino mi permette di vedere positivamente la vita come valevole di essere vissuta fino in fondo, in pienezza, come reale discepolo del Maestro, suo amico e non come servitore assoggettato a divieti e prescrizioni[25].
Senza troppa difficoltà, credo che si possano considerare questi due capitoli (il settimo ed il terzo) del Rinnovamento della Catechesi, come il punto nodale da cui partire e sviluppare una metodologia catechistica realmente rinnovata, dove per rinnovamento non si intende qualcosa di innovativo ma il ridare giusto significato e giusta prospettiva a quella che da sempre è la missione della Chiesa: annunciare Cristo affinché lo si possa incontrare e conoscere. Mi sembra inoltre che nel «consegnare» e «riconsegnare» il Rinnovamento della Catechesi, i Vescovi italiani abbiano mostrato l’intenzione chiara e precisa di porsi a servizio di un progetto pastorale globale in cui la catechesi trova la sua collocazione in armonia con le altre dimensioni dell’esperienza cristiana, per condurre ad una vita di fede adulta, matura e significativa. Detto in altri termini, nel Documento Base, viene proposta una catechesi pastoralmente contestualizzata e al contempo funzionale alla pastorale, che si fa carico di realizzare la persona e la personalità cristiana nella sua integralità: una catechesi matura, che diventa fulcro della crescita personale e comunitaria[26].
don Stefano Di Matteo
[1]Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Il Rinnovamento della Catechesi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 20017, Lettera di Riconsegna, n. 3-4.
[2] Cfr. G. Ronzoni, Il Progetto Catechistico Italiano. o.c., p.48.
[3] Cfr. DB, n. 1 e 4.
[4] Cfr. DGC, 145.
[5] DB, 6.
[6] DB, 124.
[7] Cfr. P. Damu, Conoscere il «Documento Base». Guida per i catechisti a «il rinnovamento della catechesi» e alla «Lettera di riconsegna», LDC, Leumann (TO) 1996, p.135.
[8] La questione tra maturità umana e maturità di fede, verrà approfondita nell’ambito del secondo capitolo.
[9] Cfr. DB, 43.
[10] DB, 131.
[11] Cfr. DB, 43.
[12] Cfr. P. Damu, Conoscere il «Documento Base», o.c. p.45ss. Si veda anche G. Ronzoni, Il Progetto Catechistico Italiano, o.c., p.57.
[13] Vivere in prospettiva cristiana in cui si fa una scelta preferenziale, non è una questione squisitamente di carattere etico, quest’ultima ne è logica conseguenza. Normalmente si è portati a considerare gli altri in prospettiva dei propri interessi; maturare nella fede come discepoli del Cristo,che seguono gli atteggiamenti e gli insegnamenti del Maestro in una opzione preferenziale, vuol dire fare una scelta concreta di prossimità e compromissione all’interpellanza dell’altro.
[14] Cfr. DB, 125-126.
[15] Per “rispettosa dell’ “alterità”, intendo riferirmi a quella irriducibile unicità ed originalità di persona pensata, voluta, amata e redenta. Come condizione di chiamata di Dio a realizzarsi come persona nella propria storia secondo il suo progetto.
[16] Cfr. DB, 128-133
[17] Cfr. ChL, nn. 36-38.
[18] Cfr. DB, 133.
[19] Cfr. DB, 38.
[20] Cfr. DB, 53-55.
[21] Cfr DB, 36-55.
[22] Cfr. L. Meddi, Educare la fede, o.c., pp.143ss.
[23] Cfr. DB, 38.
[24] In proposito si veda anche DGC al n. 152a che assegna alla catechesi il compito di rendere le persone attente alle loro più importanti esperienze, aiutarle a giudicare alla luce del Vangelo le domande ed i bisogni che ne scaturiscono, educarle ad una nuova impostazione di vita, mentre il n. 241c ricorda che è compito della teologia (ma secondo lo stile catechistico) aiutare a fare sintesi tra il messaggio cristiano e la vita concreta degli uomini e delle donne.
[25] Cfr. Gv 15,15.
[26] Cfr. L. Guglielmoni, Il rinnovamento catechistico in Italia a 25 anni dal «Documento Base», LDC, Leumann (TO) 1995, pp.6-7.