Il primato della Sacra Scrittura nella vita del credente

Pubblicato giorno 16 aprile 2021 - Liturgia

«Per azioni grande peccatore, per vocazione pellegrino della specie più misera, errante di luogo in luogo. I miei beni terrestri sono una bisaccia sul dorso con un po’ di pane secco e nella tasca interna del camiciotto la Sacra Bibbia. Null’altro»[1]. Questo pensiero esprime bene il valore che ha la S. Scrittura nella vita del credente. Essa è il “racconto dell’esperienza” spirituale e storica che gli uomini hanno fatto di Dio. Tuttavia, la Scrittura, in un certo senso, è anche “compagna di viaggio”, stimolo nella progressione spirituale per gli uomini di ogni tempo. Dice, infatti, il Salmista: “Lampada ai miei passi è la Tua Parola, luce sul mio cammino”[2].

Il  Signore non è solo “luce” per il suo popolo e per ogni uomo che arriva alla fede; egli ha anche assicurato all’umanità, una volta per sempre, la sua Parola, consegnata alle parole umane. Questa stessa Parola è “luce”, come scrive l’apostolo Pietro, “alla quale fate bene a prestare attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori”[3]. “Quella luce – dice ancora Paolo – rifulge nei nostri cuori per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo”[4]. Solo la Parola di Dio, che immette ciascuno nel regno della luce, è sorgente limpida e inesauribile di tale luce[5]. La metafora della lampada che illumina i passi dell’uomo è ricca di suggestioni: fa pensare alla vita come a un cammino ora sciolto e tranquillo, ora monotono, ora grigio e incerto. La lampada rischiara anche solo per qualche passo, anche se il resto rimane momentaneamente nell’oscurità… La lampada ha un valore provvidenziale: consente di individuare i contorni delle cose, di non inciampare, di intuire la grandezza nascosta. La Parola, lampada per il credente, svela così che la vita è “mistero”: la sua realtà e il suo spessore restano avvolti nell’ombra e tuttavia non totalmente sconosciuti. Essa si rivela infinitamente più ricca di quanto gli occhi dell’uomo non riescano a vedere.

Questa suggestiva metafora può suggerire atteggiamenti diversi, che illustrino la posizione di ogni uomo alla ricerca del senso della sua vita: perché ogni uomo, più o meno consapevolmente, è in pellegrinaggio. La Parola con cui Dio ha voluto rivelarsi agli uomini, costituisce una lampada che oltre a rivelare il mistero di Dio, rivela il mistero stesso della nostra vita: grande, bella, drammatica[6]. È solo ascoltando la risonanza di questa Parola che si potrà chiedere a Dio aiuto e intercessione per la purificazione della mente e del cuore perché gli uomini diventino dimora degna del Dio, Uno e Trino. Ora, nella Bibbia non c’è solo Dio che parla, ma già secondo la religiosità d’Israele, essa è Dio stesso che si comunica agli uomini. È Dio stesso che attraverso la sua Parola si manifesta per quello che è, si fa conoscere così come è e si relaziona all’uomo per liberarlo dal peccato e dalle imperfezioni[7]. Purtroppo “nella nostra mentalità occidentale la Parola di Dio è spesso minimizzata e ridotta alla comunicazione fredda e oggettiva del «pensiero» di Dio. Essa è ben altro nella prospettiva biblica. Il termine dâbâr usato dalla Bibbia non è, come il logos, una pura rappresentazione astratta, che si rivolge alla conoscenza: è una Parola motrice, che agisce, crea, interviene nella vita degli uomini per plasmarla, e nella storia per dirigerne il cammino”[8]. È Beato, chi familiarizzando con la Parola di Dio, entra sempre più in comunione con “colui che parla”; è il saggio che, dalla luce che si sprigiona dalla Parola, sa trarre indicazioni di marcia sulle strade del mondo, per camminare da persona responsabile e aperta all’incontro e al dialogo, consapevole che su quelle stesse strade si lascia incontrare il Signore. Ed è così che, pregare a partire dalla lettura biblica, dice Giovanni Paolo II, è la via maestra della spiritualità cristiana: chi sa dedicarvi il tempo e l’impegno necessario ne raccoglie frutti abbondanti[9].

Rivolgendo la sua Parola all’uomo, Dio ha rivelato se stesso: un Dio quindi non muto e silenzioso[10] ma un Dio che dialoga, chiama, interpella, interpreta l’esistenza umana e quella storica, che rivela la sua intima vita e si rende presente in mezzo al suo popolo. È proprio grazie ai libri sacri che il “Padre che è nei cieli” viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro[11], si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé[12]. Infatti tra le aspirazioni della vita umana vi è quella della comunione, l’esigenza di uscire da sé per incontrare il Tu che dia pienezza all’esistenza.

La Parola con la quale il Signore risponde alla domanda umana di comunione non è una verità che si fa presente all’intelligenza, ma una persona che si propone per entrare in relazione, un Dio che si mette in gioco, che si coinvolge nella reciprocità della comunione[13]. In questa comunione l’uomo da solo non riuscirebbe ad entrare. Sin dall’inizio la rivelazione biblica pone in evidenza questa drammatica realtà della limitatezza umana della ricerca di Dio. L’uomo, infatti, pur creato ad immagine e somiglianza di Dio vive la sua esistenza sotto il segno del peccato. Egli, quindi, per la sua debolezza originaria  viene meno e non potendo fare direttamente esperienza di Dio deve cercarlo. La Scrittura è il segno concreto ed efficace dell’iniziativa di Dio di lasciarsi incontrare. Il “Libro” è il resoconto di un’intensa interrelazione. Tutta la Scrittura testimonia l’intervento di Dio a favore dell’uomo perché egli potesse entrare in comunione con Lui, fare esperienza di Lui e della Sua presenza. Questo intervento si manifesta nella dimensione storica: agendo nella storia degli uomini, Dio infonde coraggio e fiducia all’impresa umana di cercare e di dare un senso alla storia, proprio perché essa ha già ricevuto un senso del Suo agire[14].

Attraverso gli eventi collettivi e personali, Dio manifesta il suo piano di salvezza e di redenzione. Dall’evento nasce la Scrittura attraverso tre momenti che contengono l’esperienza di Dio e sono orientati a testimoniare ed esprimere quest’esperienza per gli uomini:

  1. la lettura dell’evento;
  2. la meditazione dell’evento;
  3. la celebrazione dell’evento.

Nell’A.T. l’“evento” centrale è quello che riguarda l’uscita dall’Egitto, che sancisce l’antica alleanza: “Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot, in numero di seicentomila uomini capaci di camminare, senza contare i bambini. Inoltre una gran massa di gente promiscua partì con loro ed insieme greggi e armenti in gran numero”[15]. In questo passo biblico si riscontra la descrizione di un evento, così come si è verificato storicamente e, nello stesso tempo, esprime la fede in Dio che agisce nella storia, non come burattinaio[16], ma come partner che accompagna l’uomo nella sua faticosa ricerca della verità. Spinto da questa fede, l’uomo opera una riflessione e confessa la fede in un Dio vicino che resta accanto al popolo eletto per portarlo verso la libertà. Dalla riflessione, dunque, nasce la celebrazione che rende più profonda e personale l’esperienza di Dio. Il popolo ha fatto esperienza del Dio liberatore e lo celebra con il “canto del mare”[17].

Nel N.T. la Risurrezione è l’evento centrale della nuova alleanza che Dio stringe con tutta l’umanità. “Il primo giorno della settimana le donne vennero al sepolcro portando i profumi preparati. Trovarono la pietra ribaltata, ed entrate dentro non trovarono il corpo del Signore Gesù”[18]. Dal riscontro storico della tomba vuota i discepoli fanno esperienza della resurrezione e prende corpo un’articolata riflessione della comunità cristiana sulla presenza viva di Cristo nella storia[19]. Queste tre fasi dell’esperienza di Dio, testimoniate dalla Scrittura, costituiscono il fondamento non solo di come l’annuncio della salvezza sia diventato “Scrittura”, ma di come la Scrittura ridiventi oggi Parola di Dio, Parola efficace di redenzione. Per questo in duemila anni di storia il cristianesimo, come è stato dimostrato nel precedente capitolo, ha sempre ritenuto importante il confronto con il Testo Sacro ed in particolar modo nelle celebrazioni comunitarie e liturgiche[20]. A riguardo SC 106 nella prospettiva di lettura, meditazione e celebrazione dell’evento proclamato dalla Parola, richiama i fedeli a riunirsi in assemblea per ascoltare le Sacre Scritture, dove per ascolto non si intende il semplice udire materiale, ma un atto che coinvolge tutto l’uomo sul piano esistenziale, perché in questo momento celebrativo le letture bibliche dirigono e stimolano la partecipazione attiva dell’assemblea che tramuta la Parola udita in stile di vita cristiano nella vita di tutti i giorni[21].

 don Stefano Di Matteo

[1] Racconti di un pellegrino russo, Rusconi, Milano 1998,  p. 5.

[2] Sal 118,105.

[3] 2 Pt 1, 19.

[4] 2 Cor 4,4.

[5] Cfr. C. Ghidelli, Lampada sui miei passi, San Paolo, Milano 1998, p. 93.

[6] Cfr. P. Bignardi, Lampada ai miei passi è la tua Parola… La Parola è la vita, in “Presenza Pastorale” 67 (1997), pp.  39-49.

[7] Cfr. E. Bianchi, Pregare la Parola, o.c., p. 21.

[8] M. Magrassi, Vivere la Parola,  La Scala,  Noci 1979, p. 104.

[9] Cfr. D. Sigalini, Antiche e nuove strade della pastorale biblica, in “Orientamenti Pastorali” 7 (1997), p. 25.

[10] Cfr. Sal 49(50) 3.

[11] Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum”, Paoline, Milano 2002, n. 21. Sul concetto di rivelazione C. Greco, La rivelazione. Fenomenologia, dottrina e credibilità, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000.

[12] Cfr. DV, 2.

[13] “Ma questa potenza non opera a livello cosmico: agisce ancora più profondamente nella vita dell’uomo. Lì soprattutto si rivela sermo vivus et efficax, «spada che penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle articolazioni e delle midolla» (Eb 4,12). Inserita nell’umanità, la Parola suscita il cammino della storia, e la fa avanzare fino al suo compimento: l’incarnazione della Parola. È storia sacra perché è intessuta delle opere di Dio. Non è però indipendente dall’uomo: l’efficacia della Parola non distrugge la libertà di una risposta, ma piuttosto la crea… crea la storia ed è una historia salutis: nasce dall’incontro (e dallo scontro) dell’uomo con la Parola creatrice di Dio”. M. Magrassi, Vivere la Parola,  o.c., p. 105.

[14] La stessa teologia è andata sviluppando un “metodo” capace di mettere in evidenza questo aspetto storico, cioè umano, della presenza di Dio.

[15] Es 12,37-38.

[16] Cfr. D. Bonhoeffer., Resistenza e resa,  Paoline,  Milano  1969,  p. 215s.

[17] Cfr. Es 15,1e 21.

[18] Cfr. Lc 24,1-3.

[19] Cfr. R. Penna, I ritratti originali di Gesù il Cristo. Inizi e sviluppi della cristologia neotestamentaria, I: Gli inizi, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, pp. 7-37.

[20] Essendo la celebrazione liturgica “un insieme di gesti e parole intimamente connessi”, in seno alla comunità convocata dalla Parola, essa rilegge l’evento, lo medita e lo celebra.

[21] Cfr. F. Ferraris, Proclamare la Parola di Dio. Formazione biblica, liturgica, spirituale e tecnica del lettore, San Paolo, Cinisello Balsamo 1995, p. 55ss.