I soliti “quattro gatti”…

Pubblicato giorno 26 maggio 2021 - Pastorale

In tanti anni di ministero non ho mai dato peso a quante persone partecipano alla celebrazione eucaristica. Sovente, quando mi trovo a parlare con altri parroci, si sente nel tono della loro voce tutto il rammarico della scarsa affluenza: “vengono sempre i soliti quattro gatti”. Certo questo è sconfortante, sicuramente il sempre più incalzante secolarismo ha favorito lo svuotamento delle nostre chiese specialmente nell’ultimo ventennio. Aggiungiamoci pure il progressivo spopolamento di molti piccoli paesi e la paura dettata dall’attuale emergenza sanitaria ed il quadro è abbastanza delineato.

Ma dicevo, io personalmente non ho mai dato peso alla quantità, ho sempre considerato chi partecipa alla celebrazione eucaristica non un numero, ma una persona con un volto, una storia ed una vita… Qualcuno da conoscere, un dono da accogliere e un mistero da scoprire. Sono convinto che se si perde questa prospettiva si finisce con lo svuotare di senso e di significato ciò che la celebrazione eucaristica è per la comunità parrocchiale. Coloro che partecipano alla messa domenicale sono il Corpo di Cristo concreto, visibile, presente qui ed ora che rende presente la Chiesa diffusa su tutta la terra e quella invisibile della liturgia del cielo, fossero pure i soliti “quattro gatti” della parrocchia più povera e sperduta.

Se non si parte da qui, da questa dimensione intensamente umana e profondamente evangelica, si rischia di organizzare la Messa domenicale come un programma contenitore o,  addirittura di trascurarla, spostando l’asse della vita parrocchiale in altri momenti, per così dire, più particolari. In un caso o nell’altro si finisce col “fare” o “dire” la Messa e non di celebrarla.

Sono rischi che si accrescono con l’aumentare delle dimensioni della parrocchia e con la scomparsa della civiltà contadina e paesana, che ormai ha ceduto il passo all’omologazione culturale e di pensiero che non ha risparmiato neanche i piccoli centri.

In città poi, il moltiplicarsi delle Messe se da una parte cerca di creare condizioni più favorevoli alla partecipazione di “un numero” maggiore di fedeli, dall’altro può creare assemblee anonime ed occasionali. Eppure l’Eucarestia domenicale è, di principio e di fatto, il segno più immediato e visibile della Chiesa. Mi sono spesso domandato che idea possa farsi del cristianesimo chi per curiosità o per caso si trovi ad entrare in parrocchia durante la messa. Fatto è che la lex orandi non è valida solo nel senso che celebriamo ciò che crediamo, ma anche che da come celebriamo si  comprende il come crediamo.

Ritrovarsi a celebrare la Messa domenicale come popolo di Dio, desiderando il momento di quell’incontro in cui trovano senso e compimento tutte le altre attività parrocchiali, significa “fare” ed “essere” comunione. La Messa domenicale quindi, non è solo il precetto da assolvere, ma soprattutto il luogo ed il tempo in cui ognuno rispondendo alla personale chiamata di Dio, ci si riscopre insieme ad essere pienamente inseriti nell’opera di salvezza che il Padre realizza nel Figlio con la potenza dello Spirito.

Come spesso vado ripetendo, l’esperienza della vita di fede per quanto sia un’esperienza personale non è mai un’esperienza individuale… anche se siamo i soliti “quattro gatti”!

 

don Stefano Di Matteo