La Rivelazione avviene mediante azioni concrete, fatti storici ed è attestabile attraverso la Parola scritta e con la Parola: in altri termini la Parola è momento intrinseco della rivelazione attraverso i fatti. Ed è proprio la costituzione conciliare sulla Divina Rivelazione ad autorizzare questa lettura. Dei Verbum è l’incipit della Costituzione, proprio perché i Padri conciliari parlando di Rivelazione la descrivono con la categoria della Parola, anzi del “dialogo amichevole”[1]. La stessa espressione Dei Verbum risulta una scelta provvidenziale, in quanto il documento tratta per l’appunto della Rivelazione che è “Parola che viene dall’alto, “Dei Verbum” che Dio indirizza agli uomini sue creature”[2]. “Con questa rivelazione – è l’esordio della Costituzione – infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; I Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es. 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé”[3].
Sarà proprio questo parlare di Dio con gli uomini di tutti i tempi la natura della rivelazione così come ci viene presentata dal Vaticano II. I Padri insegnano che essa si compie con eventi e parole “intimamente connessi” in modo che le opere compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. Quest’unione di “gesta et verba”, “opera et dottrina”, “res et verba”, “verba et misterium” esprime il senso unitario della rivelazione che riguarda appunto tutto l’uomo[4].
Dire che la Rivelazione avviene “con eventi e parole intimamente connessi” vuol dire anche che l’evento, in se stesso rivelatore, dona solidità e consistenza alla parola e il senso degli eventi giunge a maturazione nella parola. Emblematicamente la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù egiziana manifesta l’intervento di Jahvé a favore del suo popolo e conferma la promessa fatta da Dio a Mosè. D’altronde, senza la Parola di “promessa”, Mosè non avrebbe potuto interpretare l’esodo come la prima tappa del lungo cammino verso la terra promessa, quell’evento, non sarebbe stato così ricco di significato per Israele. La Risurrezione di Gesù poi, conferma la verità della sua testimonianza e della sua missione come Figlio del Padre: sarà la parola della predicazione apostolica a offrire l’interpretazione della risurrezione di Cristo non soltanto come un fatto straordinario, ma anche come l’intronizzazione di Gesù Messia e Signore.
L’intrinseco legame tra “evento” e “parola” raggiunge il suo culmine nella pienezza dei tempi della rivelazione, allorquando “la Parola di Dio” che “era all’inizio”, “era presso Dio”, “era Dio” e “diventò carne e pose la sua tenda tra gli uomini”[5]. Cristo mandato come “uomo agli uomini”, “parla le parole di Dio e porta a compimento la salvezza”[6], con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e resurrezione. In Lui, la Parola si fa carne e diventa “evento”.
La Rivelazione è, dunque, dialogo amichevole tra l’uomo e Dio. A questo punto bisogna constatare che testimone di questo carattere della Divina Rivelazione, è proprio la Bibbia. Infatti l’avventura della Parola di Dio, secondo la lettura biblica, comincia con Abramo, in lui “amico di Dio” e “Padre dei credenti”, tutti gli uomini sono invitati al rapporto amicale con Dio. “Il Dio della Rivelazione, che si è manifestato e fatto presente nella storia della salvezza, a noi nota prima di tutto dalla Bibbia, non è – come afferma Pascal – il «Dio dei filosofi» a cui in qualche modo l’uomo può giungere attraverso la ragione e la sua innata ricerca della verità; e tanto meno l’Essere superiore al quale si può approdare per via di istinto o per un bisogno religioso che nasce dall’umana constatazione del suo limite creaturale. Pur «totalmente Altro» dall’uomo, il Dio della Rivelazione è entrato nella storia umana, si è fatto conoscere, ha parlato e compiuto grandi cose, come Padre e Redentore da sempre (cfr. Is 63,16), e per invitare gli uomini alla comunione con Sé (cfr. DV 2)”[7]. Il Concilio Vaticano II ha recuperato nei testi sacri della Bibbia, il carattere interpersonale, esistenziale, dinamico della Rivelazione-Parola di Dio, apportando così un’integrazione al concetto di Rivelazione che i manuali di teologia avevano ereditato dagli scolastici: “Seguendo San Tommaso, essi affermano che parlare è manifestare il proprio pensiero a qualcuno per mezzo di segni. Si mette l’accento sullo svelamento del pensiero operato dalla parola e sulla partecipazione di conoscenza che essa realizza”[8]. Ma l’intento di insegnare delle verità, che l’uomo da solo non può conoscere, non esaurisce il progetto rivelatore di Dio. Dio non è soltanto un maestro che insegna.
Infatti rivelandosi, Dio parla il linguaggio dell’amicizia e dell’amore. In sintesi si può dire che la Parola di Dio esercita queste funzione:
- Dio chiama, convoca, interpella gli uomini (funzione appellativa della parola): i credenti che ascoltano, accolgono e vivono la Parola di Dio sono i chiamati, la comunità dei credenti, l’assemblea dei convocati;
- Dio racconta, interpreta l’uomo e la storia, insegna (funzione informativa della parola): così la Parola di Dio si fa giudizio, promessa, consolazione, insegnamento; si fa anche svelamento dell’uomo a se stesso, diventa “autocomprensione”. L’uomo conosce se stesso e la pienezza del suo essere non da ciò che egli stesso produce ma ascoltando la Parola di Dio;
- Dio si esprime, parla di sé, rivela se stesso e la sua intima vita (funzione espressiva della parola), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé: non parla a distanza, porta il nome di Dio con noi. L’avventura della Parola di Dio giunge a un Uomo che è la Parola di Dio diventata carne: Gesù[9].
In Gesù Cristo, la Parola udita prima dai progenitori e poi affidata ai profeti, si fa più vicina, diventa pienezza della Parola di Dio. Ecco perché Egli è in grado di chiamare ognuno alla sua sequela e vincere ogni resistenza, perché rivela il vero volto dell’amore divino impresso nel mistero della morte e Risurrezione dato all’umanità. Dio ha indirizzato la sua Parola di salvezza a tutti gli uomini, senza escludere nessuno; espressa in linguaggio umano la sua Parola è scritta per sempre ed è rivolta agli uomini di ogni epoca[10]. Sarebbe stata vana e senza effetto questa Parola se non fosse stata trasmessa.
don Stefano Di Matteo
[1] Cfr. DV, 2.
[2] C. Greco., La rivelazione. Fenomenologia, dottrina e credibilità, o.c., p. 223.
[3] DV, 2.
[4] Ibidem.
[5] Gv 1.
[6] DV, 4.
[7] L. Brandolini, La Parola di Dio nell’economia della salvezza, in Aa. Vv., La Parola di Dio nella celebrazione cristiana , CLV, Roma 1998, p.8.
[8] V. Mannucci , Bibbia come parola di Dio, Queriniana , Brescia 19878, p. 30.
[9] Ibidem.
[10] Cfr. P. Beauchamp , Leggere la Sacra Scrittura oggi, San Paolo, Milano 1990, p. 19.