Il Documento Base mostra una particolare attenzione agli adulti e ad un’azione catechistica che li renda capaci di accogliere l’annuncio della Parola e li abiliti ad una vita cristiana matura[1]. In questo suo stretto legame con la Parola di Dio la catechesi ritrova la sua identità più profonda, non solo «insegnamento di una dottrina» ma soprattutto «annuncio di un messaggio»[2].
Il Vaticano II ha recuperato notevolmente il ruolo e l’importanza che la Parola di Dio riveste sia nella vita della Chiesa, quanto nella vita del singolo credente, sia come ascoltatori della Parola ma soprattutto nella missione profetica come annunziatori e testimoni di Essa[3]. Non potrebbe essere diversamente, dal momento che “la Rivelazione, così come descritta dalla Dei Verbum, è l’atto mediante il quale Dio si manifesta personalmente agli uomini […] volendo comunicare Se stesso […] per rendere la persona umana partecipe della sua natura divina […] in modo da realizzare il suo progetto d’amore”[4].
Comunicare Se stesso all’uomo per realizzare il suo progetto d’amore, è questo che qualifica la Parola non come un semplice discorso, ma come un evento, realizzato in Gesù di Nazareth, che abilita la testimonianza e l’annuncio del credente in quanto lo pone come chiamato alla sequela. “Nel piano globale della Rivelazione, Cristo rappresenta non una parola, ma la Parola per eccellenza di Dio, il vertice della Rivelazione, la suprema manifestazione di Dio all’uomo e la suprema Rivelazione dell’uomo all’uomo”[5]. Cristo è il definitivo “sì” di Dio alle attese dell’uomo, per questo la catechesi si qualifica innanzitutto come annuncio di Cristo ed invito ad incontrarlo.
Il Rinnovamento della Catechesi ha recepito molto bene questo specifico della catechesi, impiantandolo anche come motivo conduttore del Progetto Catechistico italiano. Certo la dimensione cristocentrica della catechesi non è un’invenzione o felice intuizione del Documento Base, essa è frutto di tutto il processo di rinnovamento in cui anche il Progetto Catechistico italiano è inserito, senza dubbio però nel Documento Base è trattato con peculiare sensibilità. In apertura del capitolo IV, che esprime in maniera esplicita la scelta cristocentrica del testo, questa è collegata direttamente con la funzione della catechesi nel rendere il cristiano dotato di una matura mentalità di fede che sia «sicura, esplicita e fattiva»[6]. Per ottenere questo risultato, il testo ritiene necessario che il messaggio rivelato, oltre che essere accolto e compreso, sia ordinato intorno ad un «centro vivo» che lo renda anche operante, da esso parta e ad esso riconduca ogni altro atto di fede[7]. “Il centro vivo della fede è Gesù Cristo”[8] ed il “cristiano è chi ha scelto Cristo e lo segue”[9]. Il cristiano quindi è abilitato al vivere cristianamente ed in pienezza di fede, come discepolo, dall’incontro e dall’esperienza di Cristo nella persona di Gesù di Nazareth[10]. Tuttavia, questo incontro/esperienza, non può che avvenire nella Chiesa e per la Chiesa, mi riferisco qui alla dimensione comunitaria in cui il soggetto viene abilitato ad aderire, conoscere e vivere l’interezza del mistero di Cristo[11]. Per questo motivo il Documento Base dà importanza alla funzione ecclesiale della predicazione di Cristo[12]. La Chiesa esiste per far conoscere agli uomini il Lieto Annuncio e questo avviene in maniera più specifica nella Chiesa particolare, nella comunità: è qui infatti che l’uomo d’oggi può incontrare Cristo ed entrare in comunione con Lui; è qui che la catechesi può svolgersi come insegnamento, educazione ed esperienza di vita; ed è sempre nella comunità ecclesiale, vissuta nella sua dimensione ed identità di «koinonìa», che si propongono itinerari di fede significativi che conducono a quella maturità di fede che abilita tanto la comunità quanto ogni singolo cristiano a vivere ed esprimere la dimensione della «profezia» nella testimonianza e nell’annuncio, della «liturgia» nella celebrazione piena ed attiva dei sacramenti e nella lode per il suo Signore, della «diaconia» nella prossimità per gli ultimi e nella caritatevole operosità nel mondo e come trasformazione del sociale e della cultura per impiantare nelle città degli uomini il Regno di Dio[13]. La scelta di una impostazione cristocentrica dunque, non è una possibilità tra le tante ma la possibilità: “Scegliendo Gesù Cristo come centro vivo, la catechesi non intende proporre semplicemente un nucleo essenziale di verità da credere; ma intende soprattutto far accogliere la sua persona vivente, nella pienezza della sua umanità e divinità, come Salvatore e Capo della Chiesa e di tutto il creato”[14].
La ricomprensione della dimensione cristocentrica come aspetto fondamentale per la vita della comunità ecclesiale, fa sì quindi questa si riscopra in una prospettiva di sequela sia come bisognosa di conoscere Cristo, sia come comunità missionaria annunciatrice della Buona Novella. La comunità quindi diventa luogo privilegiato in cui una fede adulta accoglie per se e rende possibile per altri la Salvezza operata da Cristo ed alimenta il senso di unità della Chiesa visibile nell’unica Parola, nell’unico Sacrificio e nell’unica Carità di Cristo[15]. Il cristocentrismo nel ministero della predicazione, unito ad una ecclesiologia vissuta come koinonìa nell’opzione fondamentale di fede che nella sequela vive la prassi di Gesù di Nazareth, consente di giungere ad una mentalità di fede per cui il cristiano è abilitato ad interpretare e valutare tutte le cose secondo la pienezza del pensiero di Cristo, ed acquista un senso di appartenenza ecclesiale, tanto locale quanto universale, che non sia semplice frutto di tradizione familiare o sociale, ma che sia conseguenza di una scelta libera, matura e sempre progressiva[16]in un cammino di fede. C’è da fare attenzione però. Che una centralità cristo-logica non sia staccata da una prospettiva teo-logica; una cristo-logia senza il respiro più ampio della teo-logia risulterebbe fragile e rischierebbe di cadere in una mitizzazione di Gesù, senza far comprendere o dare adeguate motivazioni del perché l’evento storico di Gesù di Nazareth abbia tale centralità ed incidenza nella vita dei cristiani.
don Stefano Di Matteo
[1] Cfr. DB, 30.
[2] Cfr. E. Alberich, Identità e dimensioni fondamentali della catechesi, in Andate & Insegnate, o.c., pp. 80-83.
[3] Cfr. DB, 19-20.
[4] Cfr. DGC, 36.
[5] GS, 22.
[6] Cfr. DB, 56.
[7] Ibidem.
[8] DB, 57.
[9] Ibidem.
[10] Il recupero della gesuologia e della componente narrativa dell’annuncio cristiano è una delle scelte metodologiche offerte dai testi di catechismo del Progetto Catechistico italiano che a mio avviso non andrebbe trascurato, in quanto nella narrazione evangelica degli avvenimenti di Gesù, si può più facilmente scoprire la dimensione di solidarietà e la significatività che questo evento ha per il vissuto umano. Lo stesso DB al n°60 esprime la necessità che la catechesi introduca il credente nella pienezza dell’umanità di Cristo, per farlo entrare nella pienezza della sua divinità.
[11] Cfr. DB, 57.
[12] Ibidem.
[13] Sull’argomento si veda L. Soravito, Rievangelizzare gli Adulti. In margine alla terza nota pastorale della CEI «Orientamenti per il risveglio della fede ed il completamento dell’iniziazione cristiana degli adulti», LDC, Leumann (TO) 2004, pp. 139-141; L. Meddi, Educare la fede, o.c., pp. 80-81.
[14] DB, 58.
[15] Cfr. DB, 142.
[16] Cfr. M. Midali, Cultura postmoderna ed evangelizzazione nuova, in G. Trentin – L. Bordignon (a cura di), Teologia pastorale in Europa. Panoramica ed approfondimenti, Messaggero, Padova 2002, p. 95.